L'esercito ellenistico, grande avversario della legione
Le armate di tradizione ellenistica furono un osso molto duro da rodere per la nascente potenza di Roma, soprattutto per l'eccezionalità degli uomini che le guidavano: Pirro e Annibale.
La scuola militare ellenistica nasce con la profonda opera riformatrice di Filippo di Macedonia e con le grandi imprese militari di suo figlio Alessandro. Ad essa si deve la prima applicazione in grande scala del concetto di armi combinate: i successi delle armate macedoni sono dovuti allo stretto nesso di collaborazione che si era costituito tra le Fanterie - che si distinguono tra pesanti e leggere - e le Cavallerie - anch'esse pesanti e leggere.
Fanteria e cavalleria pesanti sono protette da corazze e combattono in corpo a corpo, proiettandosi contro il nemico con la massima spinta possibile - nel caso della fanteria - o di velocità - nel caso della cavalleria. La fanteria pesante viene resa piu' efficace dotandola di picche lunghe circa 5 metri, che permettono a piu' ranghi di truppe di intervenire nel combattimento. Essa si muove con relativa lentezza sia per l'appesantimento derivante dall'armatura che per la necessita' di procedere nell'ordine di fila e di riga piu preciso possibile, altrimenti l'efficacia delle picche risulterebbe grandemente ridotta.
A sua volta, la cavalleria pesante viene quasi reinventata finalizzandone l'impiego esclusivamente all'urto risolutore: per questo motivo viene armata con una lancia lunga circa 4 metri, utile tanto contro la cavalleria quanto contro la fanteria. Le truppe leggere sono le piu agili e veloci: non sono protette da corazza e combattono a distanza con armi da lancio, entrando in mischia solo con truppe dello stesso peso o con un nemico sfibrato dalla pioggia di proiettili.
Per poter funzionare al meglio, il sistema richiede un'eccellente collaborazione tra le truppe e un addestramento all'azione combinata: per questo motivo l'armata e' formata da professionisti, almeno nella sua forma evoluta. La fanteria pesante, protetta dagli attacchi degli schermagliatori nemici dalla propria fanteria leggera, occupa il centro dello schieramento, costituendo una sorta di piattaforma mobile sulla quale si basa l'azione tattica, e avanza per impegnare il grosso del nemico. La cavalleria pesante si schiera alle ali - spesso in una sola - e sfrutta la propria forza d'urto e la propria mobilita' per colpire i fianchi del fronte nemico o eventuali punti deboli che si dovessero presentare nel suo schieramento. Nel frattempo, la cavalleria leggera ha eluso il contatto con la cavalleria pesante nemica, fiaccandola con le proprie armi da lancio, e ha protetto la cavalleria pesante amica da un'analoga azione spesso dovuta ad una carica della cavalleria pesante, la quale colpisce con estrema rapidita' e decisione il punto della formazione nemica dove si e' creata una crisi: un fianco esposto, un'unita demoralizzata, una breccia aperta. L'affondo rompe l'equilibrio tra le forze in campo e trasforma la crisi in disfatta.
Ogni specialità ha un suo preciso e rigido compito: la tattica ellenistica sembra ricalcare certi schemi filosofici astratti per la sua precisione ed il suo equilibrio formale. Tant'e', infatti, che essa si isterilirebbe irrimediabilmente se non intervenisse a rivificarla la persona di Pirro, Re dell'Epiro. Pirro inizia a conferire maggiore elasticita alle formazioni di combattimento, mischiando tra loro fanteria pesante e leggera e, probabilmente, sostituendo la lancia di cavalleria con il giavellotto, che aveva il vantaggio di consentire l'uso dello scudo. Egli, inoltre, sistematizza in opere purtroppo andate perdute la tattica ellenistica diventando per i contemporanei il riconosciuto maestro di questa scuola militare e costituendo l'anello di collegamento tra la tradizione Alessandrina e l'opera innovatrice di Annibale.
Il comandante cartaginese e'senza dubbio il piu grande interprete della scuola militare ellenistica: le quattro componenti dell'esercito nelle sue mani si trasformano in elementi attivi, ciascuno dei quali prende l'iniziativa nei combattimenti ed opera per trascinare il nemico nella trappola che Annibale predisponeva. Il sistema ellenistico si trasforma, in poche parole, da statico in dinamico e i risultati, come ebbero modo di constatare i Romani, furono micidiali. Egli aveva assimilato in modo tanto perfetto il concetto di armi combinate da non sentire quasi la necessita'di disporre di un esercito abituato ad un lungo addestramento comune, ma sapeva sfruttare al meglio il materiale umano che aveva a disposizione, con le sue caratteristiche nazionali, le sue armi particolari, il suo eterogeneo addestramento, adattandolo ai propri scopi: le efficientissime truppe addestrate in Spagna combattevano fianco a fianco con i guerrieri appena reclutati in Gallia.
Annibale aveva perfettamente chiaro il piano di battaglia e giocava le proprie carte con una lucidita' che ha sempre lasciato stupiti gli studiosi di cose militari e che ha rarissimi paragoni nella storia. Infatti il comandante cartaginese era eccezionale nella sua capacità di stabilire di volta in volta quale sarebbe stata l'arma vincente della battaglia a seconda delle circostanze. In poche parole, se il principio ispiratore del sistema ellenistico era quello di sviluppare al meglio i propri punti di forza, quello annibalico consisteva nel creare la debolezza del nemico e quindi nello sfruttarla a proprio vantaggio.

di Nicola Zotti

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